La fulgida parabola percorsa dal cammino esistenziale di Johann
Wolfgang Goethe può essere descritta come un progressivo abbandono
dell'astratto a favore del recupero del concreto; dalla bruma generica e
insoddisfacente delle idee, di nordica profondità, allo zampillo vivido
e vibrante dei colori. A partire dal suo viaggio in Italia, il grande
scrittore tedesco, lasciandosi alle spalle un certo qual sentimentalismo
pietistico e consolatorio, pare
riappropriarsi dell'antica temperie dei Mediterranei: l'ebbrezza dei
colori. L'Italia, "giardino dell'Impero", fu in effetto, e
ripetutamente, meta eletta per molti intellettuali stanchi, i quali
ritrovarono "nel bel paese ove il sì suona" il segreto della felicità.
Il naturale carattere pittorico e danzante di Enotria non finiva di
meravigliare Stendhal, il quale dedicò pagine incantate al paradosso
italico, quello dei "poveri ma belli". Il paradosso dei paradossi
consiste invece, a nostro modo di sentire, in questo: che gli Italiani,
come oppressi da un senso di colpa, facente leva sul mito ideologico e
funesto della arretratezza storica, si sono vieppiù noridicizzati,
obliterando il senso stesso della civiltà più radiosa, che brilla da
sempre come nel canto "ingenuo" di Omero, il cieco veggente di Smirne. Riporto qui sotto il brano introduttivo alla splendida teoria dei colori di Goethe, che coglie il punto in maniera assai limpida.
"Il desiderio del sapere viene innanzitutto suscitato nell'uomo
dall'osservazione di importanti fenomeni che ne attirano l'attenzione.
Affinché questa si mantenga, deve aver luogo un'intima partecipazione
che progressivamente ci rende più familiari gli oggetti. Come prima cosa
notiamo quindi una grande molteplicità, che ci viene incontro come
quantità. Siamo costretti a separare, distinguere e quindi di nuovo
ricomporre; dal che nasce infine un ordinamento che nel suo insieme può
essere abbracciato in modo più o meno soddisfacente.
Per ottenere questo risultato, in qualsivoglia ambito, anche solo in parte, è necessario un continuo e severo lavoro. Questa ci sembra essere la ragione per la quale gli uomini lasciano infine da parte, come fossero cosa da poco, i fenomeni, a favore di di una qualsiasi forma, più o meno abborracciata, di spiegazione, in luogo di darsi pena di conoscere il particolare e di dar vita, da quello - come sua specifica infiorescenza "sur place" - a un intero."
Per ottenere questo risultato, in qualsivoglia ambito, anche solo in parte, è necessario un continuo e severo lavoro. Questa ci sembra essere la ragione per la quale gli uomini lasciano infine da parte, come fossero cosa da poco, i fenomeni, a favore di di una qualsiasi forma, più o meno abborracciata, di spiegazione, in luogo di darsi pena di conoscere il particolare e di dar vita, da quello - come sua specifica infiorescenza "sur place" - a un intero."
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