Il senso ultimo della filosofia kantiana: ciò che è reale, io posso
conoscerlo solo nella misura in cui è "razionale", ossia secondo il
linguaggio dell'anima intellettiva. Tra la realtà (fenomeno) e la
razionalità (noumeno o oggetto dell'intelligenza) si dà una differenza
di natura. Ciò che è reale, può dirsi razionale solo in quanto filtrato
da un processo conoscitivo che ne muta la specie, traducendolo
soggettivamente in qualcosa d'altro da ciò che appare. Era quindi indispensabile
per l'idealismo a venire, il cui scopo era quello di fare del reale in
sé (!) la misura della razionalità (lo Spirito infinito di Hegel)
abbattere la naturale dicotomia kantiana (o filosofica tout-court) onde
asservire gli uomini alla viltà dei fatti storici spacciati per
assoluti. Il passaggio da Kant a Hegel segna così l'inizio del barbaro
invilimento del genere umano, costretto a prendere atto di una realtà
posta esteriormente (!) come razionale.
Per Kant, infine,
l'apparire di qualcosa non implica necessariamente la sua possibilità
oppure, se la implica, la implica come altro da quel che appare.
Nessun commento:
Posta un commento