martedì 17 marzo 2015

Anton Čechov, Il canto del cigno.


http://www.spreaker.com/user/7909871/anton-c-echov-il-canto-del-cigno
Esempio notevole di mobilismo psicologico, questo breve lavoro di Čechov fa risaltare il gioco dell'attore, la cui identità può darsi e dirsi solo come continuamente ricreata dall'ascolto del verbo acuminato, l'amor sensuale del quale, la sua irresistibilità mimetica, costituisce l'essenza stessa del poeta. L'attore si cala all'istante nella condizione momentanea che la parola evocata suggerisce al suo orecchio; così, di volta in volta, e all'infinito. Quasi fiume inarrestabile di "logica", intesa qui come senso del discorso, pare che l'attore stesso sia tentato dall'autocensura - "Basta con queste parole!" - quasi temesse egli stesso la prova di un fatto certissimo: l'impossibiltà di conoscere se stesso se non come continuamente ignoto a se stesso in quanto "puro Dioniso": dio tragicomico della mutazione istantanea senza concetto. Non c'è memoria di sé che per non altro sia impiegata, se non come occasione d'oblio e di ricreazione dell'identità al tempo stesso.
(Si consiglia l'ascolto in cuffia).

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