mercoledì 25 marzo 2015

Aleksandr Blok, Poesie

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Il poeta moderno sperimenta il mondo esterno, sempre più organizzato a suo discapito, un mondo che lo esclude sempre più, fino a relegarlo nella parte del "suicidato della società", vive il rapporto suo con l'esistenza mortale qual tentazione perenne, cui la voce interiore, quella appunto poetica e assoluta - tale il demone di Socrate - lo distoglie, trattenendolo sopra d'un saggio indugio, l'esile ramoscello del gufo baudelairiano; ma non sempre il poeta moderno è da tanto. Anche lui, al pari del tenebroso demone di Lermontov, sente l'effluvio della vita mortale e, interrompendo bruscamente l'amicizia con l'eternità dei non-nati, vi si tuffa, senza, purtuttavia, abolendo, in questa sua discesa nel mare, il senso di miraggio e di fantasmagoria, che lo attornia qual aura incantata. Di qui ai turbamenti, ai pentimenti, ai ripensamenti il passo è breve: egli conserva inevitabilmente il suo odore di esule e, ora supplice e flebile, patisce come un castigo la sua caduta in quello che per lui - "sic fata voluerunt" - si rivela immancabilmente come un nebbioso Erebo, regno dell'ombra, che mai e poi mai, disdicendo a sé stesso, avrebbe dovuto varcare e attraversare.

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