sabato 28 marzo 2015

Dante Alighieri, Visione della Donna

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Il poeta, stante l'eccidio perpetrato dalle Menadi sul corpo di Orfeo, il mitico "spàragmos", evento tramumatico, che dimora intatto nella memoria di ogni cantore dell'Essere, si muove agonizzando tra vita e morte, alla ricerca dell'ascolto della voce del poeta, le cui "disiecta membra" sono ovunque, per quanto oscurate dal rumore del niente al potere. Quando Dante ritrova la Donna, egli si rianima al punto da far tutto dipendere dalla risposta o meno di Costei, la cui visione racchiude tutto il senso della questua dell'Essere infinito. Non dunque nelle cose è la salvezza, ma nel ritrovamento della parola, integra nel suo canto.

giovedì 26 marzo 2015

Rainer Maria Rilke, Sonetti a Orfeo

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In Orfeo, nel canto suo immortale, è riposto il segreto dell'essere. L'Occidente, rinnegandolo, si condanna al frastuono del niente. Le Mènadi invasate fanno a brani il corpo del musico fanciullo, che tutto risuona nel canto. L'essere, eguagliato qui dal poeta al canto, continua a essere, ma si trova nel mondo disperso e impercettibile, eclissato dal vuoto rumore dei concetti. Spetta dunque a noi, ora, tornare ad ascoltarlo, sintonizzandoci sul canale della musica divina che Orfeo, nonostante lo spàragmos subito, continua ad eseguire, poiché tutto ciò che è gli appartiene nel suono. Orfeo è sempre, è in tutto; non è bastata la sua morte a ucciderlo.

mercoledì 25 marzo 2015

Aleksandr Blok, Poesie

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Il poeta moderno sperimenta il mondo esterno, sempre più organizzato a suo discapito, un mondo che lo esclude sempre più, fino a relegarlo nella parte del "suicidato della società", vive il rapporto suo con l'esistenza mortale qual tentazione perenne, cui la voce interiore, quella appunto poetica e assoluta - tale il demone di Socrate - lo distoglie, trattenendolo sopra d'un saggio indugio, l'esile ramoscello del gufo baudelairiano; ma non sempre il poeta moderno è da tanto. Anche lui, al pari del tenebroso demone di Lermontov, sente l'effluvio della vita mortale e, interrompendo bruscamente l'amicizia con l'eternità dei non-nati, vi si tuffa, senza, purtuttavia, abolendo, in questa sua discesa nel mare, il senso di miraggio e di fantasmagoria, che lo attornia qual aura incantata. Di qui ai turbamenti, ai pentimenti, ai ripensamenti il passo è breve: egli conserva inevitabilmente il suo odore di esule e, ora supplice e flebile, patisce come un castigo la sua caduta in quello che per lui - "sic fata voluerunt" - si rivela immancabilmente come un nebbioso Erebo, regno dell'ombra, che mai e poi mai, disdicendo a sé stesso, avrebbe dovuto varcare e attraversare.

domenica 22 marzo 2015

4 poesie da "Les fleurs du mal".

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"Lontanissimo dal cammino degli uomini". (Parmenide di Elea)
La saggezza del poeta, or gatto or gufo, perfettamente assente dalla realtà del mondo tumultuoso e dai suoi traffici.
Il poeta è lo sposo della tenebra, senza di che si spegne la sua voce, di ininterrotto conversare con l'ombra non mai apparsa.
Scrive Jean-Paul Sartre che Charles Baudelaire rimase affatto immune dal concetto di esperienza; non corse dietro mai a ombra nessuna, immobile sul suo ramoscello di notte sempre uguale, eternità iridescente del non-nato.

martedì 17 marzo 2015

Anton Čechov, Il canto del cigno.


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Esempio notevole di mobilismo psicologico, questo breve lavoro di Čechov fa risaltare il gioco dell'attore, la cui identità può darsi e dirsi solo come continuamente ricreata dall'ascolto del verbo acuminato, l'amor sensuale del quale, la sua irresistibilità mimetica, costituisce l'essenza stessa del poeta. L'attore si cala all'istante nella condizione momentanea che la parola evocata suggerisce al suo orecchio; così, di volta in volta, e all'infinito. Quasi fiume inarrestabile di "logica", intesa qui come senso del discorso, pare che l'attore stesso sia tentato dall'autocensura - "Basta con queste parole!" - quasi temesse egli stesso la prova di un fatto certissimo: l'impossibiltà di conoscere se stesso se non come continuamente ignoto a se stesso in quanto "puro Dioniso": dio tragicomico della mutazione istantanea senza concetto. Non c'è memoria di sé che per non altro sia impiegata, se non come occasione d'oblio e di ricreazione dell'identità al tempo stesso.
(Si consiglia l'ascolto in cuffia).

venerdì 13 marzo 2015

Lermontov, il demone. Frammento



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Il tormento dell'immortalità: Il Dèmone, colui che non può nascere e che non può morire, qui colto nel suo controverso rapporto con l'umanità: "Nec sine te, nec tecum.."

martedì 10 marzo 2015

Sullo "Skaz": Il tono del discorso

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La composizione di una novella dipende in notevole misura dalla funzione che nella sua struttura ha il tono personale dell'autore: se questo tono sia il principio organizzativo che dà una maggiore o minore illusione di skaz, oppure sia soltanto un legame formale tra gli avvenimenti, e abbia perciò una posizione ausiliaria. La novella primitiva, come il romanzo d'avventure non conosce lo skaz, e non ne ha bisogno, perchè tutto il suo interesse, tutto il suo movimento, sono definite dall'alternarsi rapido e multiforme degli avvenimenti e delle situazioni [...].
Del tutto diversa è la composizione se il soggetto (...) cessa di avere una funzione organizzativa: se cioé il narratore mette se stesso in primo piano, quasi volesse servirsi del soggetto solo come di un mezzo per intrecciare signgoli procedimento stilistici.
Da: Boris Ejchenbaum, "Come è fatto il cappotto di Gogol".

lunedì 9 marzo 2015

I promessi sposi, La madre di Cecilia

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Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne sparse tante; c'era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un'anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne' cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere su un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull'omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de'volti non n'avesse fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due ch'esprimeva ancora un sentimento.
Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d'insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete». Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: «promettetemi di non levarle un filo d'intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo e di metterla sotto terra così».
Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affacendò a far un po' di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come su un letto, ce l'accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l'ultime parole: «addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch'io pregherò per te e per gli altri». Poi, voltatasi di nuovo al monatto, «voi», disse, «passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola».
Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s'affacciò alla finestra, tenendo in collo un'altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve. E che altro poté fare, se non posar sul letto l'unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato.

mercoledì 4 marzo 2015

Delitto a Villa Roung, di Achille Campanile

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Delitto a Villa Roung è certamente una piccola gemma, un'arguta parodia del genere "giallo". La situazione iniziale rievoca il più classico dei noir: in una villa londinese si indaga su un misterioso assassinio…tutto quel che accade dopo, invece, mette in luce la genialità di Achille Campanile nel costruire situazioni grottesche ed estremamente divertenti, in un tourbillon che non permette di prevedere il colpo di scena finale.

martedì 3 marzo 2015

La cena delle beffe

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Tra Neri e Giannetto si trascina da anni una catena di dileggi e scherni. Per vendicarsi di Neri, Giannetto lo attira ad una cena di pace, inducendolo a fare una bravata e spargendo poi la voce della sua follia. Mentre neri viene immobilizzato e la notizia della pazzia si sparge per la città, Giannetto si reca da Ginevra, amante di Neri.....

Anna Viola legge "Lettere di A. Manzoni"

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Ma chi ha detto che Manzoni fosse noioso? Gentiluomo di straordinario fascino e scrittore di cesello: attraverso la lettera a Stefano Stampa, Anna Viola ci mostra l'eleganza e il fascino di un "uomo double face"...e non rinuncia a qualche deliziosa frecciata alla società d'oggi.